Giovanni Cavazzon
Testi critici

STEFANIA CAVAZZON
Intorno a Venus

E’ la prima volta, questa, al cospetto delle veneri di Giovanni Cavazzon, che osserviamo corpi di donna senza riuscire minimamente ad irritarci, o a identificarci, o a inorgoglirci.
In qualche misura non ci riguardano, se non come fenomeno di naturalezza pittorica ed estetica, riportabile alla nostra dimensione artistica.
Per noi equivalgono alle fattezze disvelate di animali domestici, o di vegetali galattici, o di metalli alchemici, o di amati alfabeti.
Potrebbero decifrare nebulose o supernove e buchi neri (Estate e Inverno).
C’è in esse una grazia che è riconosciuta propria alla materia, grazia generata dallo stupore dell’effetto formale, ma anche dall’energia invisibile che tutte le forme sottintendono.
Vediamo una sorta di analisi dialettica, forse una speculazione filosofica, lungo i contorni e gli intrecci di mani e di pepli, dentro la preziosa lentezza del colore o l’improvvisa, totale accelerazione emotiva, e, fatto straniante, una curiosità contemplativa talvolta perfino mistica, tesa a raggiungere il simulacro stesso dell’oggetto, non per eluderlo o sostituirlo, solo per “spostarlo” in una dimensione di bellezza reale.
Sembra il pittore dica: ‹‹dove arrivo io a spiarlo, là il corpo femminile, con tutti i suoi limiti, è comunque un risoluto traguardo della “verità”››.
In chiave più “cartellonistica”, con un atteggiamento, cioè, senz’altro esoterico e disinvolto, senza indugi ad un compiacimento novecentista e, per così dire, “rispecchiato”, questi corpi nudi ci ricordano le bottiglie di Morandi. Perfettamente affusolati nel disegno, ma lievemente assoggettati e ricurvi in una sottaciuta e parallela intuizione percepibile fra le movenze.
Certo, mai nudi ci sono apparsi così pudichi, denudati come sono degli orpelli della loro intrinseca organicità; mai così velati da un amnio d’acqua, d’aria, di fuoco o di torba, come fossero espulsi e compresi, nel momento stesso, dall’elementale che li ha generati.
Vivono di luce propria, al di qua del fluire del tempo, ma non sono immortali, anzi, fragilissimi, incerti.
Sono parti solitarie e discrete di una tersa e pulsante amplitudine visiva. La chiara allusione al nudo scultoreo, è lì solo come spunto di riflessione per denotare che queste veneri non esprimono nulla di altrettanto plastico o cimiteriale, sono esenti da ogni epicità. Ci andrebbe piuttosto di paragonarle a certe “assenze improvvise”, del grande lirismo virgiliano, alla levità melanconica di Creùsa, per esempio, o alla deflagrante disperazione di Dido, sia pure con moderne e complesse censure che utilizzano la citazione e l’ironia.
Poi sono donne e modelle, in ultima analisi, quasi per riconoscenza.
Ritratti, quindi, devoti e fedeli.

STEFANIA CAVAZZON
Intervista a Giovanni Cavazzon

Scenografo, insegnante, ritrattista, Giovanni Cavazzon è tornato quest'anno alla ribalta parmigiana, dopo una lunga assenza, con un libro di grande attrattiva. Si tratta di un singolare volume, pubblicato dalla PPS Editrice, affascinante intrigo tra poesia ed immagine, i cui testi poetici sono stati scritti dalla poetessa parmigiana Stefania Cavazzon, la sorella. Ventuno personaggi di donna, dal mito ai giorni nostri...
"Raccontaci tu, ora, Giovanni, questo libro, dal tuo punto di vista." "Non sono abituato e non è facile raccontare un libro, soprattutto questo, inconsueto nella veste e nel contenuto. Basta sfogliare qualche pagina e ci si può subito rendere conto dell'impegno che vi è profuso. Io che adoro la donna ho dovuto privarmi della vicinanza di mia sorella Stefania: era una bambina quando sono partito. Ebbene, direi che
Sorelle mie, così si intitola, è l'emanazione di un atto d'amore vissuto molto intensamente come recupero di tanto tempo perduto. Un ritrovarsi per mano nel tortuoso sentiero dell'arte. Non un fatto estemporaneo, ma una vera propria necessità recondita."
Con i disegni originali di
Sorelle mie, Cavazzon ha allestito una personale al Palazzo Ducale di Sabbioneta il settembre scorso, in occasione degli incontri d'arte, musica e cultura che la città ogni anno organizza. I disegni, per altro, sono già di proprietà di un collezionista friulano. Anche a Parma, negli anni ottanta, alla Galleria del Teatro, il pittore espose varie sue opere, tra cui spiccavano per malia e grazia straordinaria alcuni ritratti di donna, compreso quello della già citata sorella Stefania, comparso in seguito sulla copertina di un poemetto edito da Azzali. La figura femminile è per Giovanni l'universo con cui comporre. In bianco e nero o a colori, la morbidità e la totalità di quelle forme si muovono per dar vita ad una mitica estetica moderna. Cavazzon non è nato a Parma, ma vi è giunto appena adolescente. Ha frequentato il Toschi negli anni '50, insieme ad altri artisti noti in città e altrove, quali Belicchi, Brugliera, Giannina Barilli, Monachesi, Plinio Virgili, Orio Silvani, ecc. Era un'epoca vivida per i progetti d'arte, i corsi di scenografia erano arricchiti da vere e proprie iniziazioni al teatro, le aule davvero profumate di oli ed acqueragie. Aleggiavano speranza, ricerca, solidarietà degne di una piccola "Montmartre" tutta italiana.
"Ricordi in particolare qualche insegnante?" "A quei tempi i maestri d'arte sapevano sul serio avviare alla comprensione delle espressioni artistiche e, forse, in nessun altro luogo con tanta energia, con una adesione così proficua e leale. Dovrei citarli tutti, Montanari, Bonaretti, Bernini, Vernizzi, Lilloni, Negri... Autentici docenti, figure di spicco, persone attente e generose a cui non sarò mai grato abbastanza."
Dopo l'accademia, la realtà intorno, l'impatto con il mondo del lavoro. Ancora era possibile trastullarsi nel sogno di realizzare le proprie aspettative, ma Giovanni non si atteggiava ad artista, era allegro e volenteroso, accoglieva ogni occasione e la tramutava in un'ulteriore esperienza positiva. Non gli fu difficile destreggiarsi tra incarichi da geometra, autista, fattorino, sergente di leva, pittore murale per negozi e... per il soffitto della chiesa di Marzolara. Sue sono anche le pale d'altare su tela di notevoli dimensioni. Progettò alcune scenografie per compagnie cittadine di filodrammatici e per il Teatro Universitario, allora fulcro di ogni iniziativa artistica e culturale di rilievo. In quell'ambiente trovò nuovi amici e divenne uno dei più assidui frequentatori dell'AUP. Poi l'abilitazione all'insegnamento, il primo incarico a Pordenone, l'addio a Parma.
"Che arricchimento hai ottenuto dalla frequentazione della scuola?" "Ho scoperto che i giovani avevano tanto bisogno di esprimersi in modo diretto e più... contemporaneo, e, con l'educazione artistica, sono riuscito a far sì che i limiti dovuti alla carenza di cultura generale si neutralizzassero e i vuoti espressivi si colmassero con nuove forme di manifestazione del pensiero. Così i ragazzi compensavano le difficoltà incontrate in altre materie ed io mi scoprivo inaspettatamente e per gradi un buon insegnante."
In Friuli si sviluppava intanto, dentro di lui, quella bella vocazione al ritratto che gli permetterà di penetrare le maglie della società locale. Tante sono le famiglie friulane che egli, con nuove, lunari misture di acrilici, ha "immortalato". Padri, madri, bimbi biondi, piscina alle spalle e salotto. Tantissimi i volti di ogni età. Immaginare tutto, insieme, è come conoscere in profondità una società nella sua interezza, al di là della reale possibilità di vedere e comprendere. Quindi s'imbarca alla volta dei personaggi famosi e subito ne esce la stupenda "maschera" tutta pietas di Paola Borboni, già divulgata dalla stampa, anche quella locale. Poi sarà Dalila Di Lazzaro a far da modella, stranita e assorta, quasi incredula dinnanzi ad un invisibile, ipotetico specchio. Gastone Moschin si allineerà alla "galleria" di Cavazzon dentro una luce lirico-metafisica alla Kubrik. Non solo attori, Giovanni ritrae anche i divi del mondo calcistico: Sensini, Balbo, Calori, Nappi, Oddi e tanti altri.
"Ci puoi anticipare, adesso, parte dei tuoi programmi futuri e rivelarci se Parma vi sarà coinvolta?" "Il progetto più importante scaturisce dall'impegno stipulato con una galleria di Udine. Si tratta di un processo che prevede una mia nuova diffusione in campo nazionale ed internazionale. Non si esclude la mia futura presenza a Parma, come in tante altre città. Non ritengo esistano particolari difficoltà per eventuali committenze, il ritratto non ha barriere e Parma è una provincia ricca e colta. Inoltre è a Parma che vive la mia prima donna indimenticata, più volte inconsapevole protagonista delle mie icone, mia madre."


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