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Giovanni
Cavazzon (1938-2024) |
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giovanni.cavazzon@gmail.com www.giovannicavazzon.it (+39) 333 954 00 78 La formazione rigorosa di Giovanni Cavazzon all’Accademia Toschi di Parma, con il suo approccio intensivo e selettivo, ha plasmato una visione artistica che intreccia tradizione e innovazione. Cavazzon descrive la scenografia, sua disciplina madre, come “il vero, dunque la vita” e contemporaneamente “il falso del vero”. Attraverso questa dialettica tra realtà e illusione, la sua arte si colloca in una dimensione che, non limitandosi alla semplice rappresentazione, esplora le profonde interazioni tra l’essenza e l’apparenza. Cavazzon riprende la tradizione della pittura figurativa e ne rinnova il significato. Le sue opere non imitano, ma reinterpretano il reale attraverso una complessità di rimandi e significati. I ritratti e le composizioni di Cavazzon evocano la grande tradizione della pittura rinascimentale e la loro integrazione con sfondi astratti e materici lega l’opera ad un linguaggio contemporaneo, calato nei problemi del mondo odierno. Questo dialogo tra passato e presente si fa anche portatore di un messaggio sociale e umano. Dunque, Cavazzon è un artista che guarda alla tradizione utilizzandola come strumento di esplorazione contemporanea. “Non posso dire che la scenografia mi abbia «influenzato» perché è una tecnica assoluta”. Proprio questa assolutezza permette a Cavazzon di restare fedele alla rappresentazione del vero, e di coinvolgere lo spettatore, come in un teatro, facendolo sentire totalmente parte, di volta in volta, di ciò che accade in una tragedia, una commedia, una sacra rappresentazione. Cavazzon conferma questa visione anche nelle sue importanti opere di arte sacra, dove la sua formazione scenografica e il suo essere scenografo influenzano la composizione, creando un’illusione che proietta lo spettatore direttamente all’interno della scena. “Anche per la composizione di opere di Arte Sacra”, ci informa Cavazzon, “torno alla mia formazione, al mio essere scenografo. Di qui, dunque, composizioni che ho imparato dalla frequentazione della vita, cioè dal vero”. Esempi tangibili di questo suo modus operandi sono l’Ultima Cena (conservata al Museo di Arte Sacra di Venezia), dove la composizione non può che evocare nello spettatore l’illusione di trovarsi in una posizione sovrastante e dove i diversi fuochi creano un ambiente irreale, non terreno, quando pure i commensali sono certamente personaggi che appartengono al nostro vissuto. Un altro esempio è il “trittico per il Sacrario Militare di Redipuglia”, dove l’ambiente è astratto, perché a noi inconoscibile, ma i volti dei Santi sono umani. I volumi delle vesti vanno a sfiorare elementi tangibili della loro e della nostra storia: i muri dell’Abbazia di Montecassino distrutti dalla guerra; il muro di Berlino abbattuto dalla pace; i muri fantastici della Cattedrale di Santa Sofia da cui partirono i Santi Cirillo e Metodio per portare la loro fede alle popolazioni slave.
Diplomatosi Maestro d’arte in Scenotecnica presso l’Accademia di Parma, ha vissuto in Friuli dal 1967 ove ha svolto la sua attività artistica coniugandola con la passione per l’insegnamento. Delle tante sue importanti rassegne, quella che maggiormente ne ha colto i tratti del carattere è Inchiostro e pennino - itinerario tra le biblioteche, richiesta, come evento ospite, dall’Università di Urbino. Si tratta di un percorso avviato alla Nazionale Centrale di Firenze nel 2015 (con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – comitato scientifico A. Colasanti, P. Daverio, M.L. Sebastiani), giunto anche alla Palatina di Parma e all'Angelica di Roma.
Dalla critica è stato definito “cittadino del mondo per profondità e conoscenza dei sentimenti umani”, aspetti che si colgono sia nella forza del colore, sia nell’estrema precisione con cui appunta sulla tela la figura umana con le passioni e l’ambiente che la circonda. Con questo spirito ha ritratto, tra moltissimi altri, Paola Borboni, Nilla Pizzi, Carla Fracci con Beppe Menegatti e nipoti. Nell’inedito ciclo Le Muse, ha come testimonial Carla Fracci, Claudio Magris, Franco Ferrarotti, Samantha Cristoforetti, solo per citarne alcuni.
Tra le opere di Arte Sacra si ricordano: Ultima Cena (Museo Diocesano di S. Apollonia in Venezia), Battesimo di Gesù, Crocefissione, Trinità (Santuario di Marzolara - PR), il Ritratto di Papa Giovanni XXIII (collezione privata). In occasione del XXV anniversario della visita di Papa Giovanni Paolo II presso il Sacrario Militare di Redipuglia (GO) egli ha realizzato tre tavole, rese sacre, rappresentanti i Patroni d’Europa Santi Cirillo con Metodio, San Benedetto da Norcia e lo stesso San Giovanni Paolo II, avviando un gemellaggio spirituale con il Sacrario tramite un pellegrinaggio presso Istituti Religiosi in cui vengono mostrati gli studi in grandezza al vero.
Dall’archivio di Cavazzon emergono esempi di studio e di partecipazione a tutte le correnti culturali e figurative dagli anni Settanta in poi e soprattutto del personale superamento delle stesse; ha fatto innumerevoli esperienze con straordinario “talento delle mani”; egli non solo “è” pittore, ma anche “è” disegnatore di rarissima capacità. Sarebbe lungo elencare i temi trattati e le tecniche adoperate, sempre con esiti “alti”. Ha consapevolmente messo in contatto l’aspetto artigianale del suo lavoro con la sua capacità artistica fino a portare l’astrattismo nella figura facendo così nascere un “neo-figurativismo cavazzoniano” che porta la figura oltre se stessa.
Nella ritrattistica si esprime efficacemente la capacità di trasportare il disegno nella pittura, sempre con esiti che non possiamo che definire “cavazzoniani”, anche grazie alla formazione di scenografo, come egli sempre sottolinea. Attraverso gli occhi o un dettaglio, Cavazzon mette lo spettatore in relazione sia con la persona sia con il personaggio.
“Il vero artista si riconosce da qui, come se fosse un regista teatrale cui non sfuggono l’importanza di un gesto o di un atteggiamento del volto, tecniche basilari della comunicazione. In definitiva, la pittura di Cavazzon rivendica le radici di un naturalismo che finì per radicarsi in tutta l’Italia settentrionale, una linea che prosegue ininterrotta da Caravaggio a Giacomo Ceruti. Siamo di fronte ad un pittore che conduce verso il Tremila una figurazione degna delle nostre più grandi tradizioni artistiche”. - tratto da: Eraldo di Vita, Il realismo romantico di Giovanni Cavazzon
“Molto, e bene, è stato scritto da numerosi autorevoli critici sull’arte e la pittura di Cavazzon. E molte sono state le definizioni (peraltro efficaci e mai banalmente riduttive) di volta in volta suggerite per tentare di definire la sua espressione artistica e la sua complessa poetica. Data la vastità di riferimenti nelle sue opere, la cultura figurativa smisurata che lo caratterizza, le citazioni più o meno evidenti, credo invece che Cavazzon sfugga a qualsiasi tentativo di facile e riduttiva etichettatura, capace solo di limitare e ingabbiare, più che celebrare, la sua straordinaria facilità traduttiva e la sua illimitata generosità espressiva”. - tratto da: Gianluca Tormen, Il linguaggio delle apparenze
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