Giovanni Cavazzon
Sorelle mie - P.P.S Editrice – Parma, 1995

LA STREGA

L’ho riveduta
Ritratta al vago diaccio
d’una saletta agnostica
L’abito bianco fluido
e l’ombrellino aperto
sorretto senza peso
da la mano

LA STREGA

Tramava incanti in vetta
a un mondo
ora dissoltosi lontano
ove non c’è che il vuoto
d’itinerari luce
Sfilava lenta morbida inconsueta
lungo lo spartiacque
di rocce d’oro
contro il cielo rosa
verso il petrolio diafano
d’un mare
La stella di quel luogo
profilava
il volto ocra
le dita lunghe
gli occhi come la pietra
scoperta al bordo
d’una chiazza fossile di lava
Volava
palpando certa creta
con la pelle lieve de l’àlluce
Parlava
forse ispirata da inquietanti
ombre
e fumigate lune in moto incerto

Gli uomini la videro
discendere soave verso i covi
dei loro desolati spazi
e tra le capre i corvi
serpi blatte
porsero orecchi torvi
Lei seguitava
forgiando l’immondezza
in meraviglia



LA STREGA – Presso tutti i popoli conquistatori è considerato stregoneria il culto dei vinti che nascostamente sopravvive. Molti perciò fanno risalire la figura della strega al ricordo di una cultura matriarcale sconfitta dal potere patriarcale. Questo spiegherebbe l’inquietudine e l’orrore che sempre ha suscitato la strega nelle nostre società, dai greci al medio evo cristiano con le persecuzioni alle presunte streghe, protratte sino al Settecento ed oltre. Oggi, al riapparire di una possibile società matriarcale, la strega acquista sempre più l’immagine di una vecchia signora saggia e benefica. Giorgio Belledi


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